Anomalie cerebello-talamiche nel
disturbo ossessivo-compulsivo (OCD)
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 01 luglio
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Negli ultimi due decenni la ricerca sulla neurobiologia
del disturbo ossessivo-compulsivo (OCD, da obsessive-compulsive
disorder) ha compiuto passi da gigante, definendo aspetti dell’endofenotipo
cerebrale dai quali non si può più prescindere per la comprensione psichiatrica
delle manifestazioni cliniche. Non si può tuttavia ritenere di disporre di un
quadro esaustivo delle reti e dei meccanismi implicati. Un ambito che ha sempre
attratto l’attenzione dei ricercatori, ma che ancora richiede molti
approfondimenti, è il ruolo dei sistemi neuronici del cervelletto nella genesi
dei sintomi.
Il tratto cerebello-talamico è l’unico fascio
di sostanza bianca efferente dal cervelletto che connette questa importante
formazione nervosa della fossa cranica posteriore al complesso nucleare
sensoriale del talamo, e di recente ha attratto l’attenzione di molti tra coloro
che studiano le basi anatomo-funzionali dell’OCD. In particolare, il tratto
cerebello-talamico partecipa alle funzioni cognitive di ordine superiore, che
sono interessate dalla psicopatologia ossessivo-compulsiva. Su questa base sono
stati condotti vari studi, e alcune indagini morfo-funzionali eseguite mediante
risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno dimostrato che il tratto
cerebello-talamico è funzionalmente invalidato nei pazienti ossessivi. Non si hanno
tuttavia elementi di certezza circa l’integrità strutturale della sostanza
bianca del tratto cerebello-talamico di questi pazienti, così Won Lee e
colleghi hanno specificamente indagato la presenza in questo fascio assonico di
alterazioni mieliniche attribuibili all’endofenotipo dell’OCD.
I risultati dello studio sono rilevanti anche per continuare
a comporre il mosaico di dati sulle basi cerebrali del disturbo.
(Won
Lee et al., Compromised Cerebello-Thalamic White Matter Integrity in
Medication-Free Patients with Obsessive-Compulsive Disorder. Psychiatry Investigation 20 (6): 550-558, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Brain and Cognitive Sciences, Seoul
National University College of Natural Sciences, Seoul (Repubblica di Corea); Department of Psychiatry, Hallym
University Kangnam Sacred Heart Medical Center, Seoul
(Repubblica di Corea); Department of Psychiatry, Eulji University, Eulji Medical
Center, Uijeongbu (Repubblica di Corea);
Department of Psychiatry, Seoul National University College of Medicine, Seoul
(Repubblica di Corea); Institute of Human Behavioral
Medicine, SNU-MRC, Seoul (Repubblica di Corea).
Per un’introduzione storico-clinica al disturbo
ossessivo-compulsivo, riportiamo da Giovanna Rezzoni la sintesi seguente:
“Emil Kraepelin, nel quarto volume del
suo celebre trattato di psichiatria, data al 1860 le prime osservazioni
psicopatologiche sul comportamento ossessivo[1] ma, come riporta Sandor Rado nell’edizione italiana dello storico American Handbook
of Psychiatry diretta da Silvano Arieti[2], si dovrà attendere Sigmund Freud per la precisa definizione di un’entità
clinica denominata nevrosi ossessiva.
Da quel momento in poi, e fino a tempi recenti, il paradigma interpretativo
impiegato dal fondatore della psicoanalisi si fonde nella cultura psichiatrica con
gli elementi oggettivi e costanti che costituiscono la forma dello psichismo e
i sintomi del disturbo, consolidando una concezione erronea della genesi dei
processi psichici associati alla sofferenza del paziente, come si può
verificare con la lettura della descrizione del quadro clinico nella lezione 17
dell’Introduzione alla Psicoanalisi.
L’acuta capacità di analisi,
l’abilità descrittiva e narrativa, associata ad un’intelligenza creativa non
comune, hanno consentito a Freud di elaborare testi che, oltre ad avere il
pregio di attagliarsi alla fenomenica emergente e a quanto riferito dai pazienti
affetti dal disturbo, forniscono spiegazioni plausibili e per certi aspetti
convincenti dell’origine psicodinamica dei sintomi, nell’ambito di un presunto
arresto dello sviluppo libidico allo stadio anale. Nel corso dei decenni, con
l’entrata di alcune chiavi di lettura psicoanalitiche nella cultura popolare e
con il diffondersi delle interpretazioni psicodinamiche dei sintomi anche
grazie agli stessi pazienti che le hanno divulgate, si è andata affermando la
convinzione generale di una genesi psicologica delle ossessioni, dei
comportamenti rituali, degli atti di annullamento, delle formazioni reattive e
di tutte le altre manifestazioni.
Ancora oggi,
che in psichiatria si è abbandonato da molto tempo il modello patogenetico
psicodinamico e si vanno delineando con sempre maggiore precisione le basi
neurobiologiche e neurofunzionali del disturbo ossessivo-compulsivo, esistono
psicologi e psicoterapeuti che continuano a impiegare quel paradigma. Lo stato
attuale delle conoscenze suggerisce il determinarsi, per effetto di fattori
genetici, di un condizionamento funzionale che squilibra i rapporti fra sistemi
neuronici che mediano singoli processi psichici, causando la produzione dei
sintomi. L’iperfunzione del sistema di segnalazione dell’errore e l’uscita dal controllo
a feedback di circuiti che sono
spenti quando un atto materiale o mentale è stato compiuto, possono spiegare le
ripetizioni di azioni[3] e le reiterazioni del pensiero[4]. Naturalmente, il profilo delle alterazioni
neurobiologiche che influenza la fisiologia cerebrale opera all’interno di una
dimensione psicologica delle dinamiche mentali, che si fa responsabile della
complessa fenomenica intrapsichica e comportamentale che caratterizza ciascuna
delle persone affette dal disturbo”[5]/[6].
A proposito delle difficoltà nel trattamento dell’OCD
si ricorda:
“Il
trattamento farmacologico del disturbo ossessivo-compulsivo è stato tentato
storicamente con gli antidepressivi inibitori triciclici della ricaptazione
della serotonina, imipramina e amitriptilina; successivamente, sebbene con
questi farmaci i risultati positivi fossero incostanti e limitati ad una bassa
percentuale di casi, con l’introduzione degli inibitori selettivi della 5-HT o
SSRI, il trattamento con i nuovi antidepressivi è divenuto lo standard per
molte scuole di psichiatria. L’apparente efficacia in una percentuale di casi
maggiore di quella dei farmaci triciclici, ha indotto l’elaborazione di una
congettura ad hoc ed ex post, che è stata impropriamente
etichettata “teoria serotoninergica del disturbo ossessivo-compulsivo”. In
realtà, dal 40 al 60% dei pazienti affetti dal disturbo non risponde neanche
minimamente a questi farmaci o ad altre strategie terapeutiche dirette sui
sistemi serotoninergici, e nella restante percentuale la quota degli uomini,
come nella depressione, è ancora più bassa e, in entrambi i sessi, l’efficacia
risulta incostante o tende a svanire nei trattamenti protratti”[7].
Nella neuroanatomia classica le fibre efferenti dal
cervelletto sono ripartite in quattro contingenti: 1) fasci cerebello-rubro e
cerebello-talamico; 2) fibre cerebello-vestibolari; 3) fibre efferenti
cerebello-bulbari e cerebello-spinali; 4) fibre efferenti cerebello-pontine. Il
primo contingente include fibre dirette al nucleo rosso e fibre dirette al
talamo ma, poiché è difficile una netta distinzione in base alla sede di
formazione delle sinapsi, si conserva una descrizione congiunta.
Fasci cerebello-rubro e cerebello-talamico. Il
primo fascio si origina nel nucleo dentato e segue il peduncolo cerebellare
superiore; nel tegmento del ponte tutte le sue fibre si incrociano con quelle
del lato opposto costituendo quasi un’ansa a ferro di cavallo, detta commessura
di Wernekinck[8]. Dopo
tale incrociamento, ogni fibra si divide in due rami: il ramo discendente,
sottile, si esaurisce nei nuclei reticolari; il ramo ascendente, di maggior
calibro, costituisce il fascio cerebello-rubro, che forma sinapsi nel nucleo
rosso. Altre importanti fibre ascendenti non si arrestano in questo nucleo ma,
dopo averlo attraversato o solo contornato, fanno capo al nucleo laterale del
talamo, costituendo il fascio cerebello-talamico propriamente detto[9].
È opportuno ricordare che le fibre che arrivano al
nucleo dentato provengono dalla corteccia cerebrale dell’emisfero
corrispondente, e dunque le fibre efferenti dal cervelletto che percorrono il
peduncolo cerebellare superiore mettono in rapporto ciascun emisfero
cerebellare con la corteccia cerebrale e il midollo spinale. Infatti, il talamo,
a sua volta, manda alla corteccia cerebrale fibre che rappresentano l’ultimo
neurone di questa via della sensibilità che passa per il cervelletto.
In neurofisiologia si rileva che il talamo riceve due
grandi correnti di input – tradizionalmente considerati motori per la
prevalenza del ruolo motorio conosciuto per questi sistemi – la prima
proveniente dal cervelletto e la seconda proveniente dai nuclei della base telencefalica,
in particolare attraverso una proiezione in uscita dal globus
pallidus. Evidenze sperimentali suggeriscono che
questi due grandi sistemi sottocorticali terminano in regioni diverse del
talamo ventrale e proiettano a differenti sedi post-sinaptiche della
corteccia motoria e premotoria.
Come si è già rilevato, alcuni studi di
neuroimmagine encefalica hanno presentato l’evidenza di difetti funzionali del
circuito cerebello-talamico in pazienti affetti da disturbo
ossessivo-compulsivo, ma non si hanno ancora elementi di certezza circa l’integrità
o il danno della sostanza bianca del tratto cerebello-talamico di questi
pazienti e, dunque, Won Lee e colleghi hanno specificamente indagato questo
aspetto. Un dubbio sorto in molti ricercatori ha riguardato la natura delle
alterazioni funzionali osservate, che potrebbe attribuirsi anche ai trattamenti
con psicofarmaci spesso cronicamente adottati dai pazienti. Per questo, Won Lee
e colleghi hanno provveduto a studiare la sostanza bianca del tratto
cerebello-talamico di pazienti OCD rigorosamente non trattati con farmaci.
Da un punto di vista metodologico, lo studio è stato
condotto con la metodica della risonanza magnetica funzionale (fMRI, functional magnetic resonance imaging) adottando la tecnica DTI (diffusion tensor
imaging) e la PT (probabilistic tractography) per ricostruire il tratto
cerebello-talamico con rigoroso dettaglio di particolari anatomici.
Le immagini DTI sono state acquisite dal cervello di
106 pazienti di OCD, non trattati farmacologicamente, e sono state comparate
con quelle ottenute dal cervello di 105 volontari corrispondenti per età e
altri caratteri, ma privi di disturbi psichici o neurologici e in apparente
buona salute (per un totale di 211 partecipanti). Sono stati adottati per la
comparazione analitica 3 indici di diffusione: 1) FA (fractional anisotropy);
2) MD (mean diffusivity);
3) RD (radial diffusivity).
Tali indici sono stati misurati dal tratto cerebello-talamico ricostruito
bilateralmente e poi comparati nei due gruppi.
Il confronto analitico ha mostrato che, se FA non ha
fatto registrare apprezzabili differenze tra i due gruppi, al contrario, per MD
ed RD sono stati rilevati valori accresciuti notevolmente e significativamente
nel tratto cerebello-talamico di destra nei pazienti affetti da OCD
rispetto ai partecipanti al gruppo di controllo.
I rilievi effettuati dagli autori dello studio, per
il cui dettaglio si rimanda al testo integrale del lavoro originale, sembrano
indicare la presenza di anomalie strutturali responsabili della disfunzione del
circuito cerebello-talamico nei pazienti affetti da OCD. Per tale ragione, Won
Lee e colleghi sostengono che il loro studio abbia fornito nuova conoscenza
nella fisiopatologia del disturbo ossessivo, in particolare circa il ruolo
svolto dalle alterazioni dell’architettura mielinica nella connessione tra
cervelletto e talamo, così da ampliare la conoscenza rappresentata nei modelli
esistenti della neurobiologia funzionale dell’OCD.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-01 luglio 2023
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e culturale non-profit.
[1]
Kraepelin E., Psychiatrie, Vol. 4, p.
1823, Barth, Leipzig, 1915.
[2] Arieti S. (a cura di), Manuale di Psichiatria in 3 voll., vol.
I, p. 339, Boringhieri, Torino 1985.
[3] Ripetizioni che avvengono secondo costruzioni coscienti create sul
bisogno inconsapevole di ripetere: ad esempio, lavarsi le mani un certo numero
di volte tali da garantire – secondo la frequente razionalizzazione del
paziente – una sicurezza igienica. Il numero delle ripetizioni, assimilato alle
pratiche di “pensiero magico dell’ossessivo” secondo il modello psicoanalitico,
potrebbe semplicemente derivare da un’esperienza di spegnimento del circuito iperattivo,
e con questo della spinta ad agire, dopo un dato numero di reiterazioni.
[4] Una base neurofisiologica
alterata, in cui manca il feedback
negativo che dovrebbe spegnere il circuito che avvia l’ideazione, potrebbe
portare alla rielaborazione indefinita che fa apparire il paziente dubbioso.
Freud afferma: “… il dubbio si insinua nel campo intellettuale, e a poco a poco
corrode anche ciò che abitualmente è più certo. Il tutto sfocia in una sempre
crescente indecisione, mancanza di energia, limitazione della libertà” [Freud
S., (1915-17) Introduzione alla
Psicoanalisi, Universale Scientifica Boringhieri, N. 39/40, Torino 1969].
[5] Note e Notizie 04-05-19 Confronto
fra sintomi ossessivi di due culture diverse.
[6] Note e
Notizie 12-10-19 Nuove prospettive
e un nuovo studio sul disturbo ossessivo compulsivo.
[7] Note e Notizie 12-10-19 Nuove prospettive e un nuovo studio sul disturbo
ossessivo compulsivo.
[8] Friedrich Christian Gregor Wernekinck, anatomista tedesco figlio del botanico Franz,
descrisse per primo la decussazione del peduncolo cerebellare superiore come commessura
a ferro di cavallo; il suo allievo Franz Wilbrand
nel 1840 introdusse la denominazione eponima commessura a ferro di cavallo
di Wernekinck (La IANC, in latino, la rese con “commissura hipposideroformis Wernekincki”). In neurologia, la sindrome della commissura di Wernekinck, causata
in genere da lesione infartuale della decussazione del peduncolo cerebellare
superiore si presenta con una sintomatologia prevalentemente cerebellare e una
diagnosi MRI con la commessura che appare iperintensa
in DWI.
[9] Già Jansen e Brodal
avevano descritto, fra queste fibre, alcuni assoni che giungevano nel nucleo
lenticolare, facendo sinapsi nel pallido.